IL LESBISMO



Il termine deriva dall'isola di Lesbo, dove visse la poetessa Saffo nel VII secolo a.C., che nei suoi versi esaltò la bellezza della femminilità e dell'eros tra donne. In origine il termine fu usato in senso dispregiativo, ma in seguito, tuttavia, le lesbiche se ne sono riappropriate in termini di rivendicazione e di orgoglio (pride): uraniste, tribadi, saffiche, urninghe. Dal 1886, anno di pubblicazione della Psycopathia Sexualis di Richard von Krafft-Ebing, i nomi che definiscono le lesbiche si sono moltiplicati e, per certi versi, sprecati. Si deve a Charlotte Wolff, una psichiatra di origine tedesca, che nel 1971 pubblica Amore tra donne, il primo studio del lesbismo che utilizzi come oggetto della ricerca donne non portatrici di patologie psichiatriche particolari, lo sdoganamento del termine lesbismo per definire quelle donne che preferiscono a livello emozionale, amoroso, affettivo e sessuale le relazioni con altre donne.

Nonostante la scarsità di documentazione disponibile, le prime tracce scritte si possono far risalire al Codice di Hammurabi (1792 a.C. circa), che cita la figura della salzikrum, la donna-uomo, che poteva contrarre matrimonio con altre donne.

La storica Judy Grahn ha messo in luce l'omosessualità presente negli inni ad Inanna scritti da Enkheduanna (2300 a.C. circa).

Nel VI secolo a.C. Plutarco ricorda che a Sparta alcune donne trovavano l'amore tra le braccia di altre donne. Più tardi, nel 160 a.C. Luciano di Samosata presenta, senza alcuna simpatia, le “donne mascoline”. Le hetairistriai, di cui parla Platone nel Simposio, diventano le tribadi (dal greco trìbein "sfregare"). Contemporaneamente (150 a.C.), nella cultura ebraica Rabbi Eleazar sancisce l'oscenità dei rapporti tra donne.

Nel tardo mondo romano le tribadi diventano "fricatrix" (dal latino fricare, sfregare).

Famosa, nel libro IX delle Metamorfosi di Publio Ovidio Nasone la storia di Ifide, fanciulla allevata come fosse un ragazzo, che si innamora della bella Iante. Quando la madre rimane incinta, il marito dichiara che farà uccidere il bambino se si tratta di una femmina; la donna tenta allora di nascondere il suo sesso dandole un nome che è di genere ambiguo: Ifi. Quando il "figlio" compie tredici anni, il padre sceglie una fanciulla dai capelli d'oro di nome Ianthe come sposa del "ragazzo". L'amore delle due giovinette viene descritto con simpatia:

« Erano di pari età, entrambe erano incantevoli...
e così l'amore è venuto a tutte e due insieme
in semplice innocenza, e riempì i loro cuori
con altrettanta nostalgia. »
Tuttavia, come il matrimonio si avvicina sempre di più, Ifi indietreggia, chiamando il suo desiderio "mostruoso e inaudito": la dea Iside ascolta i gemiti disperati della ragazza, ne prova pena e benevolmente la trasforma in un maschio.

Riferimenti all'amore tra donne sono sparsi anche nell'opera del favolista latino Fedro, che ha tentato di spiegare il lesbismo attraverso un mito da lui stesso inventato: Prometeo, tornando a casa ubriaco da una festa, aveva erroneamente attribuito un genere maschile al alcuni corpi femminili: "cosicché ora godono di un piacere perverso".

È abbastanza chiaro che durante l'antichità, soprattutto nell'impero romano la pederastia e il lesbismo non sono stati tenuti in egual buona luce: Seneca il vecchio parla di un marito che ha ucciso la moglie sorpresa a letto con un'amante-donna, lasciando implicitamente a intendere che il "crimine" commesso dall'adultera era peggiore di quello avvenuto tra un maschio e una femmina.

Un altro esempio della visione del mondo riguardante il ruolo di genere sessuale nei tempi antichi ci viene documentato da Luciano di Samosata nel suo "Dialogo delle cortigiane": qui Megilla rinomina sé stessa Megillo, poi sposa una certa Demonassa di Corinto. Viene sottolineato che Megillo proviene da Lesbo. La sua amica Lena commenta: "Dicono che ci sono donne così a Lesbo, con facce come gli uomini, e che rifiutano categoricamente di sposarsi con gli uomini, ma solo con le donne, come se essi stessi fossero uomini". Megillo infine giunge a sedurre la stessa Lena la qual però sente che l'esperienza è stata troppo disgustosa per poterla descrivere in dettaglio.

In un altro dialogo sempre attribuito a Luciano due uomini discutono su qual sia la forma migliore d'amore, quella verso le donne o quella nei confronti dei ragazzi, il tutto partendo sempre da una prospettiva maschile e non tenendo in alcuna considerazione l'eventuale scelta o preferenza della donna, finendo così col relegare il lesbismo a concetto impensabile.

Il poeta latino Marco Valerio Marziale teorizzava che le lesbiche avessero una clitoride ipertrofica, mentre Decimo Giunio Giovenale, celebre per la sua misoginia, lamenta che la castità antica non esista più, e che le donne vadano oramai "cavalcandosi reciprocamente".

In uno degli apocrifi del Nuovo Testamento, l'Apocalisse di Pietro si descrive la punizione destinata agli omosessuali, maschi e femmine, nel profondo dell'inferno: "uomini e donne venivano scaraventati giù da un'alta rupe, caduti in fondo dovevano subito dopo risalire in cima, e non vi era mai alcun riposo da questo tormento. Questi uomini erano coloro che avevano contaminato i propri corpi comportandosi come fossero donne; le donne che erano con loro erano quelle che giacevano l'una con l'altra come fossero marito e moglie".

Giamblico (245–325) nei Babyloniaca ridicolizza Philaenis, un'atleta descritta mentre fa la lotta nel fango, beve e mangia come un maiale e sodomizza fanciulli con la sua enorme clitoride; nello stesso testo viene anche descritta una principessa egiziana di nome Berenice che ama e sposa un'altra donna: l'autore afferma che un tale amore è "selvaggio e senza legge".

In Cina vi è stata tradizionalmente una certa tolleranza nei confronti del lesbismo, uno dei motivi principali viene dato dal fatto che le donne forniscono - all'interno della coppia - lo Ying (sostanza energetica necessaria per il fisico futuro figlio), ne deriva quindi che anche la masturbazione femminile secondo questa linea di pensiero si riduce ad un atto del tutto innocuo per il nascituro.

Alcuni storici come ad esempio John Boswell hanno scoperto certi elementi che denotano l'esistenza di rapporti omosessuali femminili, uno di questi è contenuto nelle parole di Ying Shao (140-206): "Quando due donne si relazionano tra loro come fossero marito e moglie, una tal relazione è chiamata dui shi".

Tuttavia, è con il diffondersi del Cristianesimo, che si arriva a una vera e propria condanna del "vizio" dell'amore tra donne. Gli unici riferimenti medioevali a pratiche lesbiche si rinvengono in riferimento a condanne, eresia, processi per stregoneria, eccetera. Secondo San Tommaso d'Aquino la copula tra donna e donna è un atto contro natura. Nel Concilio di Rouen del 1214 fu proibito alle suore di dividere lo stesso letto, pratica comune all'epoca per ovviare alle carenze del riscaldamento, ma ritenuta evidentemente "pericolosa". Alla fine del XVI secolo Pierre de Bourdeille, abate di Brântome, nel suo libro Les dames galantes traccia un colorito affresco dell'amore "donna con donna", secondo l'autore reso di moda in Francia dalla regina Caterina de' Medici.

Apertamente lesbica fu la regina Cristina di Svezia (1626-1689). La regina di Francia Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena venne accusata di omosessualità in numerosi pamphlets pre-rivoluzionari, da prendersi tuttavia col beneficio del dubbio in quanto da inserirsi all'interno di una più ampio e sistematico discredito operato all'epoca dai detrattori della regina. È pur vero però che Pidansat de Mairobert, autore a lei coevo, nello stesso periodo non disdegnava di scrivere e pubblicare il suo lavoro più noto, "L'espion anglais" dove si narra, peraltro, anche di una storia surreale di lesbismo settario.



Il Pidansat attinse a quanto ebbe modo di vedere in prima persona nella libertina corte francese, dove, seppure di nascosto, non erano infrequenti amplessi tra cortigiane. All'esterno, però, nulla doveva trapelare, poiché l'omosessualità restava una condotta biasimevole, come lo stesso Pidansat ebbe poi modo di constatare a proprie spese. Lady Eleanor Butler (1739-1829 e Sarah Ponsonby (1754-1831), le Ladies of Llangollen divennero famose per essere fuggite a vivere insieme, travestite da uomini. Intrattennero rapporti con letterati dell'epoca, e ottennero un vitalizio reale.

Nel XIX secolo la nascente psicologia e la sessuologia studiarono diffusamente il lesbismo, che venne considerato una perversione patologica, come la pedofilia o il sadomasochismo. Dal 1880 fino al 1935 la clitoridectomia viene praticata come cura al lesbismo. È nell'Ottocento che si diffonde lo stereotipo delle donne mascoline, le "invertite" che, per nascita, non erano capaci di essere donne a tutti gli effetti. Lo stesso Freud, pur non classificando l'omosessualità maschile e femminile come una vera e propria patologia, l'identifica come un comportamento deviante, causato dall’arresto del corretto processo evolutivo della libido. Parent-Duchatelet, medico parigino, indica come causa del tribadismo l'eccessiva libidine e la dimora forzata in carceri.

Tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX secolo, tuttavia, con la nascita della cosiddetta "questione omosessuale", e parallelamente alla nascita del movimento delle suffragette, si assiste all'esplosione della Cultura lesbica. È il periodo del Bloomsbury Group di Virginia Woolf, di Natalie Clifford-Barney, Gertrude Stein, Tamara de Lempicka, Vita Sackville-West, Radclyffe Hall, Ivy Compton-Burnett, Frida Kahlo, Renée Vivien, Isadora Duncan, Mercedes de Acosta, Eleonora Duse, Colette, Djuna Barnes, Alla Nazimova, Liane de Pougy, Annemarie Schwarzenbach, Romaine Brooks, Sibilla Aleramo e molte altre ancora: quasi tutte artiste, tutte dichiaratamente lesbiche o bisessuali.

Le attrici Greta Garbo e Marlene Dietrich diventeranno autentiche icone lesbiche. Al 1931 risale il primo film apertamente lesbico, Mädchen in Uniform, tratto da un romanzo di Christa Winsloe e diretto da Leontine Sagan. Nel periodo tra le due guerre mondiali, nei cabaret berlinesi diventa famosa la cantante Claire Waldoff. È nella prima metà del secolo che l'identità lesbica si sviluppa, si consolida e diventa fenomeno. Il fascismo e il nazismo, con l'esaltazione del ruolo moglie-madre come funzione naturale della donna, con le limitazioni al lavoro delle donne causano un generale arretramento delle libertà civili delle donne.

In Italia l'omosessualità non è prevista come reato (a differenza di quasi tutti i Paesi europei, compresa l'Inghilterra) e la situazione non cambia neanche con il codice penale Rocco del 1930 voluto da Mussolini, in cui non vi sono norme contro gli omosessuali. In Germania invece il Nazismo arriva alla persecuzione ed all'eliminazione fisica di molte lesbiche, imprigionate in campi di concentramento, sotto il simbolo del Triangolo nero.

Dopo i fatti di Stonewall, la rivoluzione sessuale e lo sviluppo del femminismo degli anni sessanta e degli anni settanta l'omosessualità femminile diventa protagonista di molti libri e film, ed il "lesbo-chic" diventa uno stile utilizzato da molte campagne pubblicitarie. Il lesbismo si politicizza e si lega al separatismo femminista. Centrale il ruolo di Rita Mae Brown.

Determinanti i contributi teorici di Simone de Beauvoir, e successivamente di Kate Millett e di Monique Wittig, che provocatoriamente arriva ad affermare che "la lesbica non è una donna".

Anne Lister (1791-1840) è considerata essere stata "la prima lesbica dell'era moderna", ciò è dovuto all'annotazione scrupolosa della propria vita intima nel diario che ha continuato a scrivere per decenni.

Pur non avendo raggiunto una completa visibilità, e dovendo in molti casi lottare per la piena affermazione dei diritti civili, le lesbiche a partire dagli anni 1980 diventano sicuramente un soggetto politico e "di costume" con cui fare i conti. Si incrementa la visibilità in numerosi campi: nella musica (Melissa Etheridge, K.D. Lang, Skin, le Indigo Girls, etc.), nello sport (Martina Navrátilová, Amélie Mauresmo, etc.), nella letteratura (Jeannette Winterson, Sarah Waters, etc.), nello spettacolo (Lily Tomlin, Jodie Foster, etc.).

Il lesbismo coscientemente praticato e politicamente influente è un fenomeno assai recente il cui sorgere in Italia è databile all'incirca a metà anni settanta. Il primo nodo che le donne omosessuali politicamente impegnate negli anni Settanta si trovano a dover sciogliere è proprio quello di operare una distinzione tra omosessualità e lesbismo. Parlare di omosessualità significa considerare esclusivamente la "peculiarità" riguardante l’ambito strettamente sessuale; questo è ritenuto riduttivo o quanto meno insufficiente dalle donne lesbiche che criticano la società in quanto patriarcale, una società che nega la possibilità di una sessualità altra rispetto a quella etero-riproduttiva univocamente destinata al piacere/potere dell'uomo.

Parlare di lesbismo quindi significa porsi in una situazione di alterità rispetto al modello di vita vigente ed essere intenzionate a sovvertirlo. Dopo la metà degli anni Settanta si comincia a discutere tra donne del lesbismo come di un fatto politico, non più prettamente personale, che investe l’esistenza e induce a costruire e sperimentare nuovi modi di intendere le relazioni interpersonali, la vita e la sessualità stessa. Nel 1974 un numero del giornale del FUORI! (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano) interamente redatto da donne documenta come le istanze femministe (contestazione al patriarcato capitalista e maschilista e alla misoginia dei "fratelli omosessuali") fossero presenti anche nell’ambito di un’organizzazione omosessuale "mista" di donne e uomini federata al Radicali, attivissimo nella lotta per i diritti civili e la liberazione dall’oppressione eterosessual-razzista.



La stragrande maggioranza delle donne che dalla fine degli anni Settanta cominceranno ad ingrossare le file del vero e proprio movimento lesbico sono donne con alle spalle una militanza nel movimento femminista; le stesse donne associate al FUORI! si definiscono lesbiche e femministe. Il rapporto tra lesbismo e femminismo è quindi molto stretto e questa vicinanza è ragione sia di arricchimento che di profonde divergenze. In molti documenti infatti si ribadisce, da parte delle lesbiche, il desiderio di non creare ulteriori separazioni fra donne, strumentali al potere patriarcale che da sempre le vuole divise per diminuirne la forza; il ritenersi parte integrante dell’allora diffusissimo movimento femminista; l’impegno forte e costante nel sostenere battaglie quali quelle per divorzio e aborto sebbene queste non siano battaglie prettamente lesbiche.

D'altronde, il fatto che le donne lesbiche comincino a parlare di più ed a "venir fuori" anche solo all'interno del proprio collettivo femminista separatista è da considerarsi un fatto importantissimo per il movimento tutto. Un caso particolarmente felice e degno di nota è, da questo punto di vista, quello del collettivo romano di via Pompeo Magno, coordinamento di gruppi femministi dove lesbiche e non convivono in armonia.

L’apporto delle lesbiche può considerarsi determinante per l’evoluzione della pratica e del pensiero femminista. Le lesbiche sentono visceralmente la questione "sessualità", cosa che impedisce loro di circoscrivere i momenti della vita privata da quelli della vita pubblica, da qui la necessità di conoscere se stesse e le altre e di scardinare gli stereotipi legati alla ruolizzazione maschio/femmina nei rapporti amorosi tra donne. La coscienza di una sessualità e di uno stile di vita propri, ovvero libera dall’ingerenza anche solo simbolica del mondo maschile, è la dimostrazione del fatto che le donne non sono il complemento oggetto dell’uomo. La cosiddetta rivoluzione sessuale, per le donne non è liberazione se lascia inalterato il sistema patriarcale di ineguaglianza tra i sessi. I rapporti tra donne, intesi in senso lato come relazioni privilegiate che non implicano necessariamente il momento amoroso, sono la pratica politica da seguire per costruire un'identità "donnica" (il termine venne coniato proprio dal "Pompeo Magno").

Il femminismo deve infatti volere qualcosa di più della semplice mediazione con il maschio, poiché ciò sarebbe come ridurlo ad un’area dove parcheggiare richieste di piccole concessioni all’interno di una struttura sociale che rimarrebbe sostanzialmente inalterata. La relazione tra donne permette di fornirsi di strumenti nuovi, non inquinati dal potere patriarcale e di far scaturire una nuova contraddizione: quella donna-donna (ossia tra donne eterosessuali e lesbiche), emersa dal cambiamento dell'oggetto del proprio agire, del proprio pensare, della propria affettività. Infatti, ad eccezione del già citato Pompeo Magno, la convivenza tra lesbiche femministe e femministe separatiste all’interno dei medesimi collettivi non è facile. Da principio c’è la tendenza a considerare il lesbismo come una scelta personale, eventualmente inseribile nel contesto più ampio del diritto all’autodeterminazione delle donne, ma anche dopo il superamento di quest'idea le difficoltà permangono, soprattutto a livello delle pratiche politiche. Le lesbiche non vogliono rispondere a scadenze imposte dall’esterno: distinguono fra politica dei desideri (a partire dalle aspirazioni e dalle esigenze delle donne) e politica dei bisogni (prodotto di un pensare/agire che continua ad avere l’uomo come unico referente autorevole). I piani sono evidentemente molto diversi e poiché nei bisogni rientra pressoché tutto il contingente, le lesbiche sono di fatto assenti, almeno formalmente, da momenti rivendicativi quali eventi pubblici o manifestazioni, incluse quelli omosessuali.

A partire dalla seconda metà degli anni Settanta nascono i primi collettivi esclusivamente lesbici: Rifiutare a Roma, Donne Omosessuali a Milano, Brigate di Saffo a Torino, Artemide e Identità Negata sempre a Roma e collettivo Narciso (parte di Lambda). È questo un momento di critica sia delle lesbiche nei confronti delle etero che viceversa; oggetto del contendere è soprattutto la concezione del separatismo, per le lesbiche più integrale, per le etero limitato all'ambito politico. È impossibile fornire date precise ma circa nel 1978-1979 avviene qualcosa di molto simile ad una rottura, ad una separazione tra femministe eterosessuali e femministe lesbiche. I perché di questo apparente allontanamento sono molteplici; sicuramente influì il fatto che, dopo essere stato all’apice delle sue forze e delle sue possibilità, il movimento femminista non riesce più a riunire in sé tutte le differenze che esso stesso aveva contribuito a far sviluppare dal Settanta in poi.

Nel corso degli anni Ottanta il Movimento lesbico continua a crescere sia nell’elaborazione teorica che nel numero di luoghi di aggregazione e d’incontro, autonomo ma in continuo contatto con il resto dell’ancora esistente Movimento femminista.

La politica lesbica è tesa soprattutto a sviluppare:
Attività culturali a favore del lesbismo
Attività sociali a favore del lesbismo
Argomenti e studi relativi alla Storia del lesbismo
E finalizzata in particolare a:
Riconoscimento e tutela dell'identità e della visibilità lesbica
Tutela e promozione dei diritti civili, combattendo le discriminazioni
Tra gli altri temi sviluppati dalla politica lesbica, di particolare rilevanza sono quelli relativi alla salute ed alla sessualità, al lavoro (con il contrasto e la denuncia delle discriminazioni nei confronti delle lesbiche e delle donne), alla creazione di reti e di luoghi di aggregazione, all'informazione.

Negli Stati Uniti la comunità lesbica è radicata sul territorio e rivendica i propri diritti; la realtà italiana in materia è relativamente più recente; un ravvisato ritardo è dovuto all'influenza della forte presenza in Italia del cattolicesimo; critiche vengono mosse, in questo senso, anche ai partiti della sinistra, privi di una cultura aperta nei confronti degli omosessuali e delle lesbiche. La politica del movimento lesbico non sempre coincide con il movimento dei diritti civili inteso in senso eterosessuale, ma rivendica una totale posizione alternativa con ricerca di modelli diversi. Spesso l'accentuazione astratta del termine "politica" ha portato a un rafforzamento su temi quali i diritti civili, che ha determinato una rimozione della matrice rivoluzionaria del desiderio lesbico.

Per "riconoscimento dei diritti civili" il movimento delle lesbiche intende:
Esplicitazione del divieto di discriminazione per orientamento sessuale
Riconoscimento e tutela delle coppie di fatto eterosessuali e omosessuali
Poter scegliere se contrarre matrimonio o no con la propria compagna
Poter essere madre del figlio della propria compagna e poter adottare assieme a lei
Accesso delle persone singole a tutte norme in materia di genitorialità.



Germaine Greer è stata una delle voci più autorevoli, se così possiamo dire, del femminismo contemporaneo; da quando, nel 1970, si conquistò la ribalta internazionale, appena trentenne, le sue uscite sulla condizione femminile hanno acquistato il valore di veri e propri oracoli.
Di origine australiana, ma docente di letteratura inglese all’Università di Warwick, ella aveva anche “le physique du rôle” per attrarre su di sé le luci della ribalta: alta, bionda, formosa, con una folta criniera di capelli inanellati e, spesso, enormi pendenti agli orecchi, sebbene avesse il viso un po’ lungo e la mascella forte, non era un tipo da passare inosservato.
Cosa, peraltro, che si è sempre guardata bene dal cercar di fare: non esitava a posare nuda davanti all’obiettivo del fotografo, seduta con le gambe rivolte in alto e bene aperte, per mostrare il sesso, ammiccando in un gesto classicamente “liberatorio”; mentre non più tardi dello scorso anno la vispa e disinibita signora ha voluto stupire e rallegrare i suoi ammiratori posando del tutto senza veli, come mamma l’ha fatta or sono più di settant’anni - è nata il 29 gennaio 1939, prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale - davanti alla macchina fotografica, sorridendo compiaciuta, però con simulato imbarazzo, come a dire: «Vedete che posso ancora permettermelo, io».
Partendo dall’assunto, comune a tutte le altre femministe, che la donna fosse vittima di una vergognosa oppressione maschile e che i ruoli di genere non fossero un dato di natura, ma il prodotto di condizionamenti culturali (una litania che, negli anni Settanta, abbiamo sentito ripetere infinite volte dalle sacerdotesse della liberazione femminile, ad esempio da Elena Gianini Belotti e Amanda Guiducci), riteneva che l’orientamento sessuale della donna sia, in larga misura, il risultato di una continua, martellante pressione psicologica, mediante la quale essa finisce per auto-convincersi di non potersi realizzare se non nell’amore del maschio.
Invece, per la Greer, la caratteristica saliente della donna, dal punto di vista affettivo e sessuale (ma allora una natura femminile esiste, dopotutto, e non è solo creata dal condizionamento culturale!), è la continua mutevolezza dell’oggetto o degli oggetti sui quali riversare la propria capacità di amore - che, neanche a dirlo, è sovrabbondante, generosissima, costruttiva, e non certo incostante, tendenzialmente egoista e distruttiva come quella dell’uomo.
Non senza mostrare intelligenza e un acuto spirito d’osservazione, la Greer fa notare che la bambina ama la madre e poi il padre (ma anche il bambino fa lo stesso, solo che lei non lo dice); poi, da adolescente, si invaghisce di ragazzi dall’aspetto efebico, magari mentre conosce le prime esperienze omosessuali con una coetanea; e infine, donna adulta, tende a rivolgersi al maschio, perché così le è stato insegnato e tramandato, ma riservando un particolare interesse per quegli uomini che conservano caratteristiche fisiche femminee, proprio come accadeva nei suoi sogni di ragazzina, qualche decennio prima.
Se ne deduce che, per la Greer, la caratteristica essenziale della sessualità femminile è la ricerca della dolcezza e che la donna non è mai veramente e interamente eterosessuale, poiché nell’altro sesso tende a cercare sempre, o quasi sempre, l’elemento più simile a se stessa, piuttosto che quello a lei più dissimile; infatti, sentenzia, la rudezza è una caratteristica maschile (prendiamo nota: esiste anche una natura maschile), mentre la donna esige «molto di più: impegno, tempo, comunicazione, carezze».
Così, non si capisce bene se rendendosene conto oppure no, la Greer finisce per costruire una mitologia femminile che ricorda, per molti aspetti, quella roussoiana del “buon selvaggio”: la donna è dolce, sensibile, fedele, profonda; all’uomo, invece, basta una “sveltina” e via; e anche gli omosessuali rispecchiano queste diverse e opposte caratteristiche: le lesbiche tendono a innamorarsi e solo allora accettano la propria diversità, mentre i maschi omosessuali sono promiscui e cercano unicamente l’appagamento fisico.

L’oggetto dell’amore di una donna muta in relazione alla fase di trasformazione nella quale ella si trova di volta in volta a vivere. Da bambina ama una creatura composita, lei-stessa-e-sua-madre insieme, poi ama il suo papà, poi, man mano che si avvicina al menarca, attraversa un periodo tumultuoso di infatuazione invasata per i ragazzi, che può anche coincidere con l’intimità con un’altra ragazza. I maschi oggetto delle ossessione delle ragazzine in età puberale sono glabri, graziosi, “magnifici”, “fantastici”, “dèi dell’amore”,”dolcissimi” e “deliziosi”. Sono più infantili che mascolini, e talvolta comunicano un esplicito messaggio transessuale come Boy George, la cui immagine oltraggiosamente effeminata tappezzava le pareti della camera da letto delle ragazze  negli anni Ottanta. Rifacendosi costantemente un look androgino, Michael Jackson ha mantenuto e allargato il suo vasto pubblico di adolescenti.
Anche più tardi l’interesse erotico di una donna sembra essere orientato verso il maschio effeminato più che verso il tipo mascolino convenzionale. Il pubblico che adorava Liberace, come adesso quello che adora Barry Manilow, era costituito quasi esclusivamente da donne di mezza età. Più Liberace esasperava la sua effeminatezza e più quelle sbavavano; ma per poter conservare la loro adorazione egli dovete nascondere la sua effettiva vita sessuale. Così, finché ci riuscì, finse di essere una verginella; ma alla fine un partner respinto lo mise a nudo come un amante esigente e aggressivo. I bellimbusti truccati e i cavalier serventi del Diciassettesimo secolo erano effeminati e al tempo stesso riscuotevano grande successo con le donne I vitelloni del Ventesimo secolo sono anche sospettati furono anche sospettati di fare combutta con femmine lascive per tradire l’onesto amore di uomini lavoratori dal cuore sincero. Se il cicisbeo di una signora è per definizione effeminato, questo non ci dice forse qualcosa sulle preferenze sessuali della dama? Sono gli uomini più che le donne  a cercare la rudezza. L’estensione logica di questo interrogativo potrebbe indurci a dubitare che l’eterosessualità sia un’inclinazione naturale, fino a insinuare in noi il sospetto che, se in futuro non sarà supportata dalla pressione della legge, della religione e della famiglia, finirà per collassare.

Alla fine del Diciannovesimo secolo,  quando il sesso venne medicalizzato, l’orientamento sessuale non ortodosso divenne patologico, una specie di incapacità congenita nei confronti della quale il sano individuo eterosessuale doveva provare pietà.  Le lesbiche come Radclyff Hall presentavano se stesse come individui intersessuali, marchiati da Dio a essere amati da donne oppure  a vivere un miserabile celibato.
Gli individui eterosessuali spesso pensano che le lesbiche siano donne mascoline e che i maschi omosessuali siano uomini effeminati. L’idea che persone attratte da individui dello stesso sesso debbano condividere caratteristiche del sesso opposto fa parte di un assunto più ampio, e cioè che l’eterosessualità sia l’unica forma di sessualità e che ogni altra forma di attività sessuale ne sia una versione più o meno distorta. Ciò è possibile solo se si postula che i ruoli sono intercambiabili, e cioè che in una copia lesbica una elle due donne svolga il ruolo maschile o, in una coppia omosessuale, uno dei due uomini svolga il ruolo femminile. Se così fosse, gli omosessuali non potrebbero né abolire n trasformare la dinamica fondamentale delle relazioni sessuali tra esseri umani ma soltanto imitarla.  In realtà, negando la validità della prescrizione di un unico tipo di relazione ortodossa, sana e normale, gli omosessuali possono rivendicare l’intero spettro della devianza. Le manifestazioni sessuali omosessuali sono straordinariamente  varie.
Come altri aspetti di una sensibilità che nella tumultuosa pubertà può rispondere all’attrazione erotica dell’adolescente maschio o femmina, e nella maternità a quella del bambino, anche l’orientamento sessuale delle donne potrebbe essere mutevole. L’essenzialismo di cui sono intrise molte delle nostre idee sull’orientamento sessuale rappresentano un’oppressione in sé. Da tutti i lati le donne sono accerchiate, sfidate a decidersi, a comportarsi in maniera prevedibile, ad accettare delle etichette e a controllarsi di modo che qualcuno possa controllarle. Questa pressione viene da ogni parte: per la donna coinvolta in una relazione sessuale con un’altra donna, è probabile che venga anche dalla comunità lesbica.
Quando si dice che è privilegio di una donna cambiare opinione, si sottintende che non è un suo diritto. Eppure il cambiamento è insito nella natura femminile: una donna cambia le fasi della sua vita. Anche il più essenziale dei suoi attributi, il suo corpo, cambierà, nella sua forma esterna e nella chimica interna. Sarebbe strano se anche la sessualità non cambiasse.  Quando si parla di donne che hanno “dichiarato” la loro omosessualità, si sottintende l’esistenza di un io omosessuale autentico che era rimasto nascosto dietro la facciata dell’eterosessualità. Per gli uomini, dichiarare la propria omosessualità rappresenta generalmente la fine di una menzogna: passavano per eterosessuali attivi e interessati alle donne mentre in realtà avevano rapporti sessuali, e anche numerosi, con altri uomini. Le lesbiche sono diverse; una percentuale compresa fra i tre e i quattro quinti  ha avuto esperienze eterosessuali e ha “funzionato” adeguatamente in un ruolo eterosessuale. Non intrattenevano relazioni omosessuali mentre fingevano di essere “normali”, come spesso succede agli uomini, ma vivevano effettivamente la vita di consorti eterosessuali, mogli e madri. Se l’omosessualità e l’eterosessualità non sono innate se sono entrambe de costrutti sociali, nessuna di noi deve perdere la speranza che un giorno potrà incontrare la donna dei suoi sogni e amarla come mai ha amato prima.»

In definitiva, sembra di capire che la bisessualità, per la Greer, sia l’orientamento sessuale “normale” di uomini e donne e che queste ultime siano particolarmente attratte dal proprio sesso a causa della loro maggiore sensibilità, della profondità e delicatezza dei loro sentimenti, della loro particolare affettività, che si sposta successivamente su diversi oggetti, prediligendo, comunque, quelli che recano tracce di una certa somiglianza con il loro proprio modo di essere.
Tutto questo non viene sostenuto per via di ragionamento, ma con una serie di affermazioni apodittiche o scarsamente documentate e che ricalcano, in ogni caso, i più vieti stereotipi antimaschili, anche quando discute l’omosessualità degli uomini.
Inoltre, la Greer non parla di affettività, ma di sessualità, semplificando al massimo i termini del discorso e al tempo stesso impoverendolo, perché se tutto si riduce al solo desiderio sessuale (come vorrebbe il buon Freud, padre nobile e imprescindibile di tutto il pensiero femminista), allora, in linea con la migliore - o peggiore - tradizione dell‘utilitarismo britannico (è buono e vero ciò che è utile e che, guarda caso, essendo utile, produce anche piacere), la ricetta di ogni problema è molto semplice: basta lasciar cadere le pastoie del condizionamento culturale e sbizzarrirsi, sotto le lenzuola, in ogni possibile maniera, et voilà, la tanto sospirata “liberazione” sarà stata raggiunta, e tutti vivranno felici e contenti.
Un tipico esempio di questo semplicismo, di questo impoverimento dei termini del discorso, è racchiuso nell’affermazione: «Anche il più essenziale dei suoi attributi, il suo corpo, cambierà, nella sua forma esterna e nella chimica interna. Sarebbe strano se anche la sessualità non cambiasse»: il che non soltanto mostra d’ignorare il fatto che anche il corpo dell’uomo tende a cambiare nel corso della vita, e non soltanto quello della donna, ma equivale più o meno a dire che il cambiamento corporeo, anche quello puramente fisiologico e legato allo sviluppo e alla crescita, non può non avere come effetto il cambiamento dell’orientamento sessuale delle persone: un concetto tanto arbitrario sul piano logico, quanto indimostrabile su quello pratico.
Ma è il pansessualismo di matrice psicanalitica, probabilmente, il più grave errore della cultura femminista e quello più carico di funeste conseguenze: l’aver ridotto le problematiche profonde di uomini e donne al livello dei loro organi sessuali e l’aver proclamato che il toccasana di ogni frustrazione è l’orgasmo, possibilmente raggiunto in maniera trasgressiva...




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